Il caffè è una dolce abitudine non solo italiana, ma è diventata una goduria internazionale.
Nulla a che invidiare col nostro amato espresso.
Il caffè però, può provocare determinate problematiche come ansia e stati d’agitazione in certi individui.
Queste peculiarità, sono date proprio da una sostanza che si chiama caffeina.
La caffeina ha infatti proprietà eccitanti che possono provocare anche bruciori di stomaco.

Una valida alternativa: il decaffeinato.
Esistono varie metodologie per rendere il caffè “decaffeinato”, quello più conosciuto e assieme, più efficace, consiste nel rendere il caffè meno saporito.
Il decaffeinato infatti, è privato della caffeina che, come sopra citato, è la sostanze che ne conferisce il gusto amaro e forte.
I processi per ottenere il decaffeinato, consistono anche di mettere i chicchi di caffè ancora verdi, in acqua calda a 70-100 gradi e, mediante l’utilizzo di certi solventi o di carboni attivi, viene estratta e dissolta la caffeina presente all’interno di ogni singolo chicco.
Questo procedimento, necessario al fine dell’eliminazione di tutta la caffeina presente, fa perdere anche la maggior parte del gusto che, viene eliminato assieme all’acqua d’immersione.
Il primo metodo fu inventato da Ludwig Roselius nel 1905.
Ad oggi il procedimento viene considerato estremamente pericoloso e nocivo; infatti, egli privava il chicco di caffè dalla caffeina tramite il benzene, un idrocarburo potenzialmente tossico.
Esistono altri metodi per ottenere il caffè privo di caffeina.
Ad esempio c’è chi preferisce all’immersione diretta nell’acqua, la cottura a vapore per circa trenta minuti , per poi sciacquarli con i solventi di cui abbiamo parlato poc’anzi.
Un ulteriore modo consiste nel trattare i chicchi con acqua frizzante che, al posto di utilizzare solventi e carboni attivi, sfrutta l’anidride carbonica per eliminare la caffeina.
È bene specificare che, nonostante il trattamento scelto, anche nel caffè decaffeinato, seppur in piccola parte, viene conservata la caffeina.
Il caffè decaffeinato è consumato da circa il 12% della popolazione mondiale.